La Scuola del Vento
A un anno dalla resistenza allo sgombero
conferenza stampa delle associazioni nella Scuola del Vento per presentare il dossier sul campo rom
Comunicato stampa
Un primo marzo di tutti
Presentazione del Dossier “Con i rom di Vaglio Lise:
Storie di resistenza e di diritti negati”
Un anno fa, si svolgeva il primo sciopero dei migranti in Italia ed in altri paesi europei. Oltre 300 mila persone si erano mobilitate in tutta Italia per dire no al razzismo, alla legge Bossi-Fini, al pacchetto sicurezza, ai CIE e per rivendicare una società più includente e giusta. Il prossimo primo marzo sarà una nuova grande giornata di mobilitazione per i migranti e con i migranti. In diversi territori si realizzeranno scioperi, presidi e manifestazioni, ancora una volta, contro il razzismo e contro lo sfruttamento.
Anche a Cosenza, un anno fa, diverse associazioni e cittadini/e decidevano di mobilitarsi e stare a fianco dei rom accampati sulle sponde del fiume Crati, minacciati da un’ordinanza di sgombero, aspettando davanti a giganteschi falò, l’alba del primo marzo. In occasione di questa ricorrenza , quelle stesse associazioni danno nuovamente appuntamento alla città e alla stampa affinché si torni a discutere della drammaticità della situazione del campo rom di Vaglio Lise, lasciato all’indifferenza delle istituzioni e all’attenta sorveglianza e azione repressiva delle forza dell’ordine.
Durante la conferenza stampa, si porterà inoltre a conoscenza dei mass media un Dossier preparato dalle associazioni, in collaborazione con i rom, affinché sia anche possibile raccontare un’altra Cosenza, che combatte il razzismo e che concretamente tesse nuove forme responsabili di coesione interculturale.
Oltre a documentare le varie attività svolte dalle associazioni - attività mirate alla difesa legale, a garantire la scolarizzazione e il diritto al gioco dei bambini, la tutela del diritto alla salute - il dossier prova a proporre soluzioni al problema abitativo che vivono i rom. In particolare, si rilancerà e si proverà a chiarire l’ipotesi avanzata già lo scorso anno, relativa all’auto-costruzione di “eco villaggi sostenibili” da parte dei rom stessi.
Ma la giornata di martedì 1° marzo sarà anche l’occasione per far festa, con artisti di strada, attività di animazione per bambini, musica e balli. L’appuntamento è fissato alle ore 16, 30, nella sede de “ La Scuola del Vento” , situata all’interno del campo rom di Vaglio Lise.
Associazioni insieme con i rom
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Il primo marzo “di tutti” a Cosenza si festeggia tra i rom, nella favela sul fiume Crati. Alle spalle dell’antica via Popilia, la baraccopoli è una dimensione parallela che la città rimuove e riscopre a intervalli irregolari, assecondando le ondate di panico che accompagnano i periodici blitz di polizia.
C’è chi invece è abituato a frequentare questo putrido presepe nascosto dalla ferrovia. Lo attraversano ogni giorno uomini e donne delle associazioni che da almeno un paio d’anni lavorano in rete per la dignità e la formazione dei bambini rom. A pochi metri dal fiume che minaccia di esondare, nella baracca che adulti e piccini chiamano “La Scuola del Vento”, si racconta a voce alta il cammino condiviso da un arcobaleno variegato di esperienze sociali. Dentro questa rete spontanea c’è veramente di tutto: la Ong MO.C.I., cuore pulsante della solidarietà cosentina, la Auser e il suo ambulatorio autogestito, il circolo culturale Popilia in lotta da decenni contro la dispersione scolastica dei rom stanziali, la Kasbah che accoglie i rifugiati, Caritas, la “San Pancrazio” molto attiva nei quartieri caldi della città, i militanti di Sinistra Critica e Sentiero nonviolento, l’associazione Coessenza che promuove editoria e formazione dal basso. È una ciurma allegra e riflessiva, formata da insegnanti, volontari, studenti, ricercatori universitari e suore. Tutta gente che ama sorridere, ma che al momento giusto ha saputo stringere i pugni e urlare contro l’indifferenza istituzionale e la xenofobia diffusa. I risultati delle loro attività sono riportati nel documento “storie di resistenze e di diritti negati”, la risposta migliore agli ignoti delinquenti che solo pochi giorni fa sono entrati nottetempo nel campo rom e hanno sparato in aria a scopo di minaccia. Trecento pagine per esprimere l’urgenza di costruire l’autonomia dei bambini rom, nel tentativo di strapparli al consueto destino di emarginazione e accattonaggio. In questi due anni, grazie alla collaborazione con i medici dell’Asp, sono stati vaccinati i più piccoli; si son tenuti incontri frequenti con i docenti delle vicine scuole per incentivare la frequenza delle lezioni in classe; il MO.C.I. ha realizzato corsi di recupero; gli avvocati rossi hanno ottenuto la revoca dei fogli di via. La Scuola del Vento ha offerto laboratori creativi e una seguitissima rassegna di cartoni animati. Il documento spiega che sono state inoltre “favorite esperienze temporanee dei bambini all’esterno del campo, attraverso la partecipazione a eventi culturali, ludici e sportivi”.
Così a un anno esatto da quando centinaia di persone circondarono un grande fuoco e vegliarono tutta la notte sulle baracche pur di fermare le ruspe, si rinnova un rito condiviso: le parole, i colori, il fuoco, la festa. La minaccia di sgombero tuttavia pende ancora. L’ordinanza della procura parla chiaro: “abbattere la baraccopoli, trovare una sistemazione alternativa. La soluzione spetta agli amministratori locali”. Ma è proprio la parola “soluzione”, impronunciabile a queste latitudini, a impedire l’esecuzione dell’ordinanza. Se ne accorgono persino il prefetto e la questura. Impossibile privare 360 rom dei loro rifugi cartonati, se prima Comune e Provincia non realizzano un’area attrezzata in cui ospitarli. Perché uno sgombero coatto c’è già stato, nel 2007. E i risultati sono stati devastanti. I rom furono “parcheggiati” temporaneamente in un centro missionario che poi andò in tilt, dopo oltre otto settimane di immobilismo degli organi preposti. In breve tempo, la baraccopoli si riformò in riva al Crati, dove le carrozze dei gitani stazionano da sempre, testimoni del fiume che ha cambiato il suo corso diverse volte nel vortice dei millenni. Di questa presenza antica in Calabria Citra, lo studioso Tonino Cicala scoprì inequivocabili tracce nei versi del poeta calabro-spagnolo Diego Sandoval De Castro, castellano di Cosenza nel XVI secolo: “Le chiuse valli, e l’ampie piagge apriche, Gli ombrosi colli gli antri le caverne, Son patrij alberghi, e le lor stanze antiche. Son loro imperi, e le lor leggi eterne, Vivere in libertade, e in unione, Come ab initio anchor son hodieme (…) Quinci fuggir il Zingar non s’avaccia, Ma tra la gatta e il can desta il carbone, Sotto coperta aspetta la bonaccia”.
Claudio Dionesalvi