Recensioni
all'origine della Coessenza
- intervista a cura di Cosenza Sport
- Perché nasce Coessenza?
Nasce come la maggior parte delle esperienze che abbiamo realizzato negli ultimi venti anni. L’intelligenza sociale e popolare di questa città ha sfornato i Centri Sociali Autogestiti, Radio Ciroma, una tifoseria pensante ed antirazzista, associazioni molto attive su un’infinità di tematiche. A Cosenza tutto questo è fiorito in modo spontaneo, dal basso. Dopo la comunicazione, l’arte, la cultura e lo sport, abbiamo voluto costruire un laboratorio permanente di editoria. È solo uno dei tanti esempi di come si possa dare vita ad un cammino di autonomia. Che è un modo di fare società Altra ed è nello stesso momento una via alternativa al mercato delle case editrici che in Calabria, come altrove, vivono perlopiù di finanziamenti pubblici e clientele politiche. C’eravamo stancati di elemosinare spazi di espressione. Abbiamo deciso di procedere in modo diretto ed indipendente, senza tuttavia perdere contatto col restante panorama editoriale.
- Quando?
Nasce due anni fa nel Centro Sociale Autogestito Ex Villaggio del Fanciullo di Caricchio. In pochi mesi abbiamo prodotto ben sei libri. Però le radici sono più antiche, perché Coessenza si fonda sul sapere che abbiamo acquisito grazie all’esperienza di Tam Tam e Segnali di Fumo ed altre pubblicazioni, come il Taglierino. In questa comunità virtuale hanno visto la luce, per esempio, anche i meravigliosi libri in vernacolo scritti da Sergio “Canaletta” e tanti altri germogli cartacei che ormai sono parte dell’immaginario popolare di Cosenza.
- che obiettivi si prefissa?
Restituire dignità alla parola ed all’ascolto corale. Promuovere la scrittura nei luoghi in cui sembra impossibile. Indurre all’espressione chi ha rinunciato a farlo, coloro i quali negli anni novanta chiamavamo i “senza voce”. E poi rosicchiare come un tarlo il mercato locale dell’editoria. Molto autori, purtroppo, sono ancora convinti che per pubblicare i loro lavori sia necessario inginocchiarsi di fronte a questo o quell’editore. Sbagliato! Affinché un testo possa considerarsi “pubblicato” sono necessari pochi passaggi: l’acquisto di un codice ISBN, il deposito legale presso le principali biblioteche nazionali e cittadine, una o più presentazioni in pubblico, qualche recensione ed un minimo di distribuzione. Sono operazioni che chiunque può fare, purché ci si metta in rete, si costruisca cioè un reticolo di contatti e relazioni che consentano la diffusione di un libro. Noi lo stiamo facendo abbastanza bene. Ed è significativo che i nostri libri siano già in commercio presso le principali librerie su internet senza che noi ne abbiamo fatto richiesta. Le nuove tecnologie, oltre ad essere strumenti di controllo, offrono opportunità importanti. È finita la schiavitù dall’offset. Con la stampa in digitale, non si è più costretti a stampare tonnellate di copie che poi finiscono per giacere nei magazzini. Ma il riscontro più interessante è il rapporto che si origina tra i nostri laboratori ed i potenziali scrittori che non si avvicinano a noi col consueto atteggiamento da clienti. L’approccio è partecipativo e condiviso.
- che riscontro ha avuto sui lettori?
Il successo è stato notevole. A volte non facciamo in tempo a lasciare in edicola o in libreria un libro, che subito l’amico giornalaio e il libraio ci mandano a chiamare perché è già esaurito. E guarda che non sto facendo pubblicità, perché noi non ci guadagniamo niente e quindi possiamo permetterci di essere sinceri.
- ci sono altre esperienze simili, e se sì, si ispira a qualcuna di queste?
Ce ne sono un’infinità. Cito solo l’ultima che mi è capitata tra le mani: a Bologna la collaborazione tra lo scrittore Valerio Evangelisti ed il Laboratorio Crash sta dando vita ad esperimenti editoriali molto interessanti.