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E ora si processi Marlane

Appunti

E ora si processi Marlane


19 febbraio -
LAVORO MORTALE · La sentenza Eternit apre una speranza di giustizia -

E che ora si processi la Marlane -

Fosco Giannini – Giorgio Langella -

il manifesto, sabato 18 febbraio 2012 -

Quella dell’Eternit è una sentenza epocale. Si stabilisce
che le malattie professionali hanno una
causa e che questa causa è, principalmente, la ricerca
del profitto ad ogni costo. Un altro, drammatico
caso, di cui si parla e si scrive poco, è quello della Marlane-
Marzotto di Praia a Mare. Fa riflettere.
Viviamo in una società dove tutto viene asservito al
guadagno di pochi. I lavoratori diventano ingranaggi
per accumulare ricchezza.Non sono più persone. La tutela
dell’ambiente e la sicurezza nei luoghi di lavoro sono
costi da abbattere. Con questa logica spaventosa
vengono perpetrati i più odiosi delitti. Si mette a rischio
la salute di chi lavora, dei loro familiari, di chi vive vicino
agli stabilimenti. Si uccide. In nome e per conto del
padrone. Questo è successo alla Eternit. Questo succede,
in maniera più o meno estesa, ogni giorno in ogni
parte d’Italia. Il processo Eternit e la
condanna per disastro doloso accendono
una speranza. Quella di chi
non vuole chinare la testa e con ostinazione
lotta per ottenere verità e
giustizia nonostante il silenzio,
l’omertà, i ricatti, le connivenze che
ci sono quando si mettono in discussione
i privilegi di lorsignori.
La Marlane era uno stabilimento
tessile di proprietà prima del conte Rivetti,
poi dell’Eni (Lanerossi), infine
Marzotto; è stato chiuso definitivamente nel 2004. In qusta
fabbrica è successo qualcosa di talmente grave che è
in corso un processo che vede imputati i vertici della
Marlane, della (ex) Lanerossi, della Marzotto. Doveva
iniziare il 19 aprile 2011. Viene continuamente rinviato
per cavilli procedurali. La prossima, ennesima, «prima
udienza» è fissata al 24 febbraio. Questi continui rinvii
non hanno mosso all’indignazione, sono stati diluiti nell’indifferenza
dei più. Gli imputati sono «persone che
contano», dirigenti e «grandi imprenditori» accusati di
omicidio colposo plurimo, lesioni gravissime e disastro
ambientale. Perché, tra le circa 1.000 persone che hanno
lavorato nella Marlane di Praia aMare, oltre cento si
sono ammalate di cancro e decine ne sono morte. Nei
pressi dello stabilimento (nell’ottica per cui il sud è la
pattumiera d’Italia) sono stati sotterrati rifiuti tossici
che hanno inquinato l’ambiente. Una strage di lavoratori
e un disastro ambientale di enormi proporzioni. L’accusa
è che le norme di sicurezza, alla Marlane, non venivano
applicate, anzi «semplicemente» non esistevano. I
lavoratori venivano considerati «strumenti». Quando si
ammalavano e arrivavano alla fine della loro vita, veniva
chiesto loro di firmare il proprio licenziamento. Lo si
faceva, dicevano i galoppini dell’azienda, per «favorire»
l’ottenimento della pensione di «reversibilità» da parte
delle future vedove o semplificare l’assunzione dei futuri
orfani nella stessa fabbrica.
Tutto questo è documentato con interviste e memorie
raccolte da chi ha iniziato e continuato con ostinazione
a credere nella giustizia. Persone normali, veri e propri
eroi del nostro tempo come Luigi Pacchiano, ex operaio
della Marlane e uno dei sopravissuti; come lo scrittore
ambientalista Francesco Cirillo e la documentaristaGiulia
Zanfino. È grazie a persone come queste se oggi
possiamo conoscere quanto è accaduto alla Marlane-
Marzotto. Una storia di «ordinario
sfruttamento-avvelenamento». È grazie
a loro se si è riusciti a costruire un
«ponte» tra Praia a Mare e Vicenza,
dove è iniziato un costante lavoro di
informazione che poche settimane fa
ha prodotto un appello firmato da
personalità del mondo della cultura,
della scienza, dello spettacolo, della
politica (ra i tanti: Margherita Hack,
GiorgioNebbia, Franca Rame, Valentino
Parlato, Oliviero Diliberto, Giuseppe
Giulietti, Ascanio Celestini), lavoratori in lotta (il
presidio permanente della IMS SRL – ex Emi di Caronno
Pertusella), cittadini attivi e, ancor più importante,
parenti delle vittime della Marlane, come Teresa La Neve.
Testimonianze «alte» di una politica fatta per passione
da chi riesce ancora ad indignarsi per le ingiustizie e
l’indifferenza imperante. La sentenza Eternit ha aperto
una porta, squarciato un velo, fatto conoscere che di lavoro
si dovrebbe viverementre, invece, se ne può morire
per pura avidità padronale. Oggi nessuno può chiudere
gli occhi, dire di non sapere. Nessuno può giustificarsi.
Quello che è successo alla Eternit, alla Marlane e in
tutte gli altri posti dove è «normale» ammalarsi emorire
(da Vicenza vogliamo ricordare l’esempio della Tricom-
GalvanicaPM di Tezze sul Brenta) coinvolge tutti. Non
ci si può fermare nella ricerca della verità. È tempo di fare giustizia.