Per Coessenza
Contro le lobby della terra
aprile 2013 - Contro le lobby calabresi della terra e della conoscenza.
Matrimonio tra prodotti e beni liberati! -
Dieci anni fa, nella Calabria profonda, nasceva dalla terra e per la terra, Equosud. Stanchi di subire la subcultura della rassegnazione e della sottomissione, alcuni produttori delle zone del Gallico e dell’Aspromonte davano vita a un consorzio che ha avuto sin dal principio un obiettivo primario: unire all’etica del lavoro e alla lotta per la dignità, la ferma volontà di non sottostare agli interessi delle lobby calabresi che detengono il controllo delle risorse naturali, umane ed economiche.
Chiunque in Calabria, come in altre latitudini del Mediterraneo, intenda avviare un’attività produttiva di beni o servizi, sa di doversi misurare con quest’atavica problematica. Dovrebbe affidare aspetti nevralgici del proprio lavoro a soggetti istituzionali e privati che, sulla base di un’egemonia acquisita depredando il territorio, lo sfruttano, saccheggiano, devastano. Se si vuole tenere in piedi un’attività, qualsiasi essa sia, prima o poi diviene ineluttabile la rinuncia a qualsiasi principio di rispetto verso le cose e le persone. Per avere la liquidità necessaria ad acquistare i mezzi, per accedere ai canali della piccola e media distribuzione, per promuovere la propria realtà produttiva, bisogna rivolgersi a LORO.
È una forma di potere capillare, innervato, giustificato da secoli di perifericità e dalla condizione subalterna cui questa regione è stata sottoposta dalle varie forme di governo che si sono alternate sul territorio; un potere alimentato da emergenze sociali e pseudo criminali, giustificato da un’arretratezza culturale e sociale che in molti casi è stata gonfiata ad arte, proprio per continuare a garantire flussi di finanziamenti pubblici a esclusivo beneficio di quelli che 150 anni fa erano i “baroni”, e oggi sono le lobby paramassoniche, affaristiche, partitiche. In comune, tra passato e presente, questi potentati hanno un tratto inconfondibile: l’idea del latifondo, nelle forme rurali o moderne. Cioè la sottrazione illegittima di una fetta consistente di beni comuni, a vantaggio di una minoranza parassitaria.
Sono quelli che succhiano sudore e sangue di migliaia di migranti nelle piane di Gioia Tauro e Sibari, che saccheggiano i boschi della Sila e dell’Aspromonte per alimentare le centrali a biomasse, quelli che nel Vibonese hanno costruito un acquedotto da cui esce acqua velenosa, che divorano milioni di euro provenienti dall’Unione Europea aprendo finte imprese, quelli che si pappano tangenti dalle multinazionali per innalzare mostruose pale eoliche dove la legge lo vieterebbe, e che imbottiscono i centri urbani di palazzi vuoti per poi giocarseli in Borsa.
Di tutti questi abbiamo fatto i nomi. Siamo stati sotto le loro finestre e davanti ai loro cantieri a urlare BASTA.
Sappiamo che una parte del tessuto sociale in cui viviamo, è succube. Non ce la sentiamo di giudicare, tantomeno di condannare, chi è costretto a sottostare a ricatti e compromessi: lo stato di necessità e la volontà di sopravvivere, spesso prevalgono sull’istinto di insorgere. Milioni di calabresi, nel corso dei decenni, hanno preferito andarsene. Neanche nei loro confronti ci permettiamo di esprimere giudizi di valore. Al contrario, oggi pensiamo sia giunto il momento di interpretare l’emigrazione di massa, soprattutto quella recente, come un atto di ribellione, dettato dalla volontà di vivere un’esistenza dignitosa.
Ma a un certo punto abbiamo capito che urlare, protestare, emigrare o lamentarsi, non bastava più. NOI ci siamo chiesti cosa potessimo fare. Se avessimo avuto attitudine alla parola, avremmo fondato un bel partito politico. E magari avremmo cercato di cambiare le cose dall’interno delle istituzioni. Però noi crediamo che le parole servano, più che altro, a comunicare. E che da sole non siano in grado di cambiare le cose. Per farlo, c’è bisogno pure dell’azione.
Ecco perché la risposta che abbiamo individuato, è nella cooperAzione. Ci siamo detti: proviamo a produrre cultura, beni e servizi in totale autonomia. Facciamo della nostra attività un principio di vita, e del nostro lavoro un principio politico. Così ci siamo resi conto che è possibile strappare piccole porzioni di territorio e di intelligenza sociale, dalle grinfie delle differenti borghesie calabre, sia quelle rurali che le urbane.
La nostra è stata una scelta dettata dalla possibilità di riprodurci, di dimostrare cioè che lavorare, distribuire, consumare in un Altro modo, è possibile. In poco tempo, il messaggio è stato raccolto. Intorno a Equosud si sono aggregati produttori di insaccati, agrumi e latticini, ma anche artigiani, operatori turistici, e persino una casa editrice indipendente, la Coessenza, una giovane realtà che da sette anni sta sperimentando la prassi dell’equo e solidale nella produzione editoriale. Nata nel 2006 in un centro sociale autogestito da un’iniziativa condivisa da attivisti, giovani precari della conoscenza e amanti della letteratura, questa associazione è riuscita a pubblicare oltre trenta titoli, con licenza creative commons, senza estorcere “tangenti” agli autori, aderendo e alimentando i circuiti alternativi della distribuzione. Tra i volumi in catalogo, oltre a testi di narrativa e poesia, anche inchieste sul territorio e saggi di storia e attualità. Oltre all’attività editoriale, spesso in sinergia con altre associazioni di Cosenza e del resto della Calabria, Coessenza porta avanti da anni interventi formativi nei settori del disagio sociale, non percependo forma alcuna di sostegno economico. Né dal pubblico né dai privati.
Negli ultimi mesi Equosud ha provato a immaginare “matrimoni liberi” tra prodotti altrettanto liberati da logiche di sfruttamento. Stiamo pensando di veicolare, insieme, libri e produzioni della terra. Siamo stati attratti dal caso del bergamotto, uno dei tanti beni sottoposti a oligopolio. Questo agrume si produce in una sottile striscia di terra che si affaccia sul Mar Ionio, lunga poco più di 100 km in provincia di Reggio Calabria. Qui il bergamotto trova uno dei suoi migliori habitat: in nessun'altra parte del mondo vi è un luogo in cui esso fruttifichi con la stessa resa e qualità di essenza. L'agriturismo Zio Nino, sito in Condofuri in provincia di Reggio Calabria, ha una particolare tendenza alla tutela della biodiversità e al rispetto della natura nonché alla promozione e vendita dell'agrume nell'ambito dell'economia solidale. Da qui l'adesione a Equosud. Zio Nino vanta una rilevante produzione di bergamotto curato con il metodo della coltivazione biologica (bio-agricert) su circa 4 ettari di terreno.
Proprio il rispetto dell'agrume, e di chi lo produce, lo ha portato ad aderire a Equosud. L’obiettivo è tenersi fuori dall’oligopolio del mercato del bergamotto, detenuto soltanto da lobby che, imponendo un prezzo irrisorio per l'acquisto del prezioso agrume ai fini dell'esportazione dell'olio essenziale di bergamotto, mortificano il lavoro e i sacrifici di decine di produttori.
Da qui la necessità di aprire un nuovo mercato dell'oro verde di Calabria che valorizzi non solo l'olio essenziale di bergamotto ma anche il succo e l'agrume, consentendo ai produttori di ottenere il giusto e onesto guadagno, soprattutto facendo crescere l'occupazione in una terra da sempre investita dall'atavico problema del lavoro e dello sfruttamento a basso costo della manodopera.
Primavera 2013
Equosud