Recensioni
Diritto alla cultura e politiche culturali: le teorie di una prassi - Il quotidiano della Calabria
Idee e Società Domenica 28 dicembre 2008 59
(di Matteo Cosenza)
UN SAGGIO TRA TESTO U N I V E R S I TA R I O E LIBRO M I L I TA N T E DI FRANCO DIONESALVI
DA almeno una trentina d'anni i comuni investono risorse cospicue nelle attività promozionali che genericamente vengono definite culturali. Dentro questa definizione c'è di tutto di più: si va dalla saga delle salsicce al concerto di Vasco Rossi, dalla grande mostra di quadri alla rassegna teatrale, dall'installazione di un'opera d'arte al convegno sull'eredità di Pitagora. Dove si capisce che il termine cultura finisce con l'assumere connotati di varia natura e sovente scandalosamente osceni. Posta così la questione, è evidente la necessità di una riflessione a posteriori per separare il grano dal loglio e individuare una linea di politica culturale alla quale in qualche modo ancorarsi con relativa certezza. Franco Dionesalvi ci ha provato con un'opera poderosa (Diritto alla cultura e politiche culturali: le teorie di una prassi, editore Coessenza, 256 pagine, euro 8) che è al tempo stesso un testo universitario e il libro di un militante (anche nel prezzo di copertina, come si vede). Intanto è una lettura utile soprattutto per chi legge sul “Quotidiano” il “Sombrero” perché capirà meglio che quelle sette righe sono ogni giorno il risultato felice di una vasta e profonda cultura che, senza saccenza, viene centellinata in gocce di folgorante racconto dei fatti della vita. Il “Sombrero”, per dirla tutta, è frutto della stessa cultura che è offerta a piene mani nel libro di cui stiamo parlando. La cultura, appunto. L'autore compie una lunga navigazione nel concetto di cultura così come storicamente si è venuto evolvendo: «Un insieme di pratiche, di rappresentazioni e di significati della realtà di cui i soggetti sono tanto i produttori quanto i fruitori… un patrimonio immateriale disponibile a ciascuno, entro una società data, in ragione delle opportunità e delle risorse di cui dispone, della sua sensibilità e delle sue potenzialità intellettive». Ognuno deve poterne disporre, sostiene con forza Dionesalvi quando riassume la sua filosofia della vita e della cultura: «Per molti di noi c'è un libro, spesso un solo libro, che ha cambiato la nostra vita, che ha provocato in noi uno scarto di coscienza che, spingendoci verso un percorso di esperienze progressive, ci ha portato a divenire quello che poi siamo diventati. Chi saremmo noi senza quel libro? E' giusto privare tante, tante persone di quel libro, di quel libro, che ha tanti titoli e tanti autori ma ha la stessa impagabile valenza? Il diritto alla cultura, in ultima analisi, vuol dire proprio questo: che quel libro possiamo averlo tutti, che ciascuno abbia modo di trovare il suo». Dunque, la ricerca ha lo scopo dichiarato di rivendicare il diritto di tutti alla cultura e la necessità che le politiche culturali, soprattutto quelle pubbliche, siano finalizzate a diffondere questa democratica concezione. Non a caso il volume, che per due terzi è dedicato alla ricerca speculativa sul tema, si chiude con un ampio approfondimento dell'esperienza della politica culturale del comune di Cosenza, nella quale l'autore da assessore ha rivestito un ruolo cardine. Dionesalvi ricostruisce sistematicamente una stagione felice, quella delle giunte Mancini e Catizone, senza nasconderne i limiti, davvero contenuti se si considera il vuoto che è seguito poi nella vita della città, una volta considerata l'Atene della Calabria. Tante le esperienze, ma un paio, anche nei titoli, sono progetti di respiro ampio. Pensiamo alla “Casa delle culture”, un termine fatto proprio da altri comuni in Italia e che testimonia della visione aperta e moderna che guida gli ideatori e i realizzatori. In quel palazzo, simbolo peraltro della rinascita dello straordinario centro storico della città, si viveva il clima della contaminazione tra generi, discipline, competenze. Sulla stessa lunghezza d'onda il “Festival delle invasioni”, dove la contaminazione è tra popoli diversi e, quindi, tra culture che dialogano da un mondo all'altro. La modernità di questa concezione è evidente. Rappresentavano l'esigenza di un mondo diverso da quello che poi gli aerei contro le Twin Towers cercheranno di imporre: il dialogo, il confronto, la coesistenza, la mescolanza come alternativa alla paura, all'odio, alla minaccia, alla guerra. Potenza della cultura. E delle politiche culturali.
Forse in questi anni, in Calabria e altrove, si è perso lo spirito di quella stagione. Dionesalvi si sdebita pubblicamente del tributo che deve all'inventore dell'effimero, quel Renato Nicolini, assessore delle stagioni romane e poi approdato, guarda caso, nelle università calabresi dopo un'esperienza napoletana. Le cose hanno preso pieghe diverse, e ormai sarebbe ora di catalogare le varie forme di politiche culturali attuate dagli enti locali. Le installazioni, per esempio, che ogni anno vengono realizzate in piazza Plebiscito a Napoli, a partire dall'invenzione della “Montagna di sale” di Mimmo Palladino, hanno rappresentato una svolta per quella città e sono state il simbolo del suo Rinascimento. Ancora vengono riproposte, ma la stessa stanchezza con la quale il rito si ripete è l'immagine del declino della città, e quel sale, che era il sapore di Napoli, si è sciolto fino a diventare insipido. Della fine dell'esperienza cosentina si è detto e anche del suo significato per il dopo. Dionesalvi cita ripetutamente Bauman, la sua idea di società liquida, e l'inafferrabilità di un mondo in trasformazione per le grandi e piccole migrazioni che evidenziano l'inadeguatezza di chi arriva e di chi accoglie a trovare nuove forme di convivenza. Qualcuno in Italia e nel mondo vorrebbe fermare tutto questo e non si rende conto che i grandi processi della storia (scontri tra civiltà e culture, migrazioni e contaminazioni) oggi hanno subito un'accelerazione che ci travolgerà se non mettiamo in campo la grande arma della cultura, la capacità di conoscere e capire l'altro non per farsene dominare né per dominarlo. Il finale lo si vedrà appunto alla fine, intanto serve liberarsi da pregiudizi e paraocchi. Dionesalvi ci riconsegna un'esperienza che ha avuto esattamente questa valenza, un seme che non ha ancora dato i suoi frutti ma solo perché all'improvviso nessuno ha più provveduto a innaffiarlo.
R i v e n d i c a re
il diritto alla cultura