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La balena e l'aneurisma

Per Coessenza

La balena e l'aneurisma


di Francesco Cirillo -


La balena e l’aneurisma.
Diario di un passaggio da una parte all’altra e viceversa….. -
Non so perché appena ho visto la facciata della clinica Santa Maria di Bari mi è venuta in mente una balena. Non ha niente che possa riportare a una balena la struttura di questa clinica, ma a me è venuta in mente una balena. La mattina del 3 giugno, sono partito presto dal mio B&b chiamato “Mille pagine”. Un B&b per intellettuali, pieno di libri. C’ero solo io come ospite e sono stato davvero tranquillo. Sono uscito a prendermi una pizza con annessa birra e mi sono piazzato a mangiarla nella sala colazione con la tv. Poi mi sono affacciato dal balcone della mia stanza ed ho sbirciato un po’ di vita notturna barese. Da una parte strani uomini sostano davanti ad una sala gioco,di fronte loro ragazze nigeriane sul marciapiedi opposto, in giro ragazzi che si avvicinano a macchine che si fermano per dare loro qualcosa. Ho capito, il solito giro delle nostre periferie del sud . Alle 21 ero già a letto ed ho dormito fino alle 4 tutto di seguito. La mattinata di Domenica, era passata davvero bella con Emiliano,Francesca e Alessandro miei accompagnatori. Era come in gita. Partenza alle 9 in punto da Diamante, arrivo alle 12 con una breve sosta al Castello di Roseto Capo Spulico. Una tappa obbligatoria. Non riesco a passare da certi luoghi senza fermarmi e poi se c’è Francesca fermarmi nei luoghi della bellezza sono un atto d’amore verso di lei. Quando Francesca è andata via, l’ho seguita dal balcone del mio B&b,lei non se n’è accorta ed ho avuto come la sensazione che quella scena l’avessi vissuta in un sogno.
L’ultima notte con Francesca a Diamante è stata davvero bella. Lei con la sua dolcezza riesce sempre a farmi stare tranquillo . Francesca è premurosa verso di me,si preoccupa eccessivamente a volte e piange solo al pensiero di quanto mi deve succedere. Ma nel viaggio verso Bari siamo stati bene tutti. Abbiamo visitato la Bari vecchia e abbiamo trovato una bella trattoria, dove abbiamo fatto un bellissimo pranzo alla pugliese. Non pensavo che sarei ritornato a Bari. C’ero stato nel 1974 da militare. Avevo 24 anni e mi mandarono qui nella caserma Porcelli. Una caserma punitiva dove mandavano, pregiudicati sardi, esponenti di Lotta Continua e comunisti in genere. Per 12 mesi non mi hanno fatto fare niente. Piantone delle camerate era il mio compito. Ho sempre odiato questa città e giurai che non ci avrei mai più messo piede. E così è stato , fino a ieri.
Alle 7 del mattino, ero già in viaggio a piedi verso la clinica. Dopo venti minuti eccomi dentro , la balena, a ritirare il ticket. Efficienza pugliese dentro la balena. Alle 8,30 ero già schedato e già in fila per fare analisi del sangue,raggi al torace, elettrocardiogramma. Poi eccomi al sesto piano catapultato nella mia stanza insieme ad un anziano già operato. Nemmeno a farlo apposta è un ex carabiniere che si lamenta di brutto. Ma ha fatto un’operazione al cuore e quindi è normale.
Oggi farò una corono grafia e l’esame trans esofageo, quello che non mi fecero all’Annunziata di Cosenza. Quel medico anonimo dell’Annunziata di Cosenza, penso che mi abbia salvato la vita. Mi ci aveva mandato il mio ex cardiologo. L’anonimo medico dell’Annunziata, appena ha visto i precedenti esami fatti all’Ospedale Germaneto di Catanzaro è saltato in aria. “Come fai a girare con un’aorta che ha un aneurisma di 5,3 cm ?, sei in pericolo…mi ha detto, ed io mi rifiuto di farti l’esame transesofageo in quanto invasivo e quindi pericoloso per te”. Ho capito che avevo il cardiologo sbagliato. Ora sono qui a Bari per questo anonimo medico. Ho cambiato cardiologo e mi sono rivolto a un cardio chirurgo che si chiama Mauro Cassese. Ha operato per anni al Sant’Anna di Catanzaro e se ne è andato per la mancanza di nuove attrezzature che ha trovato qui a Bari in questa clinica, dove mi trovo adesso.
Qui da noi se devono mangiarsi soldi della sanità e spartirseli fra mafiosi e politici sono subito pronti. Se invece devono attrezzarsi per modernizzarsi ci pensano due volte. E difatti dalla Calabria partiamo verso altre regioni per curarci.
Mi tengono a digiuno. Alle 13 una dottoressa mi fa un’ecografia al petto. Di nuovo a letto ed in attesa.
Alle 14 eccomi nella sala operatoria per la corono grafia. Alcuni infermieri scherzano fra di loro , qualcuno mi sfotte per allentare la mia tensione, una dottoressa mi buca il polso destro per mettere dentro la microtelecamera che filmerà le mie vene ed arterie. Dopo mezz’ora è tutto finito. Mi mettono al polso una cintura che è una tortura vera e propria. Serve a fermare il sangue. Ritorno col lettino in camera trasportato da due infermieri. Dopo un quarto d’ora una nuova chiamata. Questa volta vado a piedi con un’infermiera come guida. Un eco alla gola.
Alle 16 ecco l’anestesista che mi spiega tutto ed un dottore mi comunica che all’indomani alle 7,30 verrò operato dal prof. Cassese e dalla sua equipe. E vai. L’aneurisma ha raggiunto il diametro di 5,5 cm e rappresenta un vero pericolo per la mia vita. Tutta l’aorta sarà sostituita con un pezzo nuovo, un tubo protesico Gelweave n.28. Ho pensato, appena i dottori se ne sono andati, che fra 500 anni, il mio corpo , sarà oggetto di studio in qualche trasmissione televisiva tipo Quark, dove studieranno gli esseri umani con protesi strane all’interno dei loro corpi. Un po’ come facciamo oggi con le mummie egiziane. E’ una soddisfazione.
Chiamo Emiliano e Francesca giunti da poco a Diamante. Devono ripartire ed essere per le sette del mattino a Bari. Possono entrare e salutarmi. Non si sa mai penseranno i medici chirurghi. Sempre un’operazione è.
Intanto la notte con l’anziano operato è un caos assoluto. Sarà per l’effetto dell’anestesia, sarà per il carattere autoritario dell’uomo stesso, fatto sta che questo grida contro le infermiere, le donne, le badanti rumene che il nipote le aveva mandato nella mattinata. Non sanno come fare. Questo si alza nudo sul letto, cerca di strapparsi i vari tubi e tubicini. Un’infermiera si avvicina e lui tenta di morderla al braccio. Poi chiamano il nipote e questo riesce a fargli bere un calmante. Finalmente si dorme. Penso che potrebbe essere la mia ultima notte.
Al risveglio al mattino, ecco i miei angeli viventi, qui davanti il mio letto , sono le 7 del mattino del 5 giugno. Francesca mi aiuta nella preparazione, disinfettandomi tutto il corpo già depilato completamente il giorno prima. Sembro un pollo. Mi rimetto nel letto e parto spinto da due infermieri verso il mio destino. Vedo Emiliano e Francesca farsi sempre più lontani, nel corridoio del mio reparto, mentre i due infermieri cominciano a spingermi , fra ascensori e lunghi corridoi dove vedo solo i lampadari passare sopra di me. Sento il rollio delle ruote del letto e sento i ragionamenti sindacali degli infermieri. La mente è vuota. Non penso a niente. Vado verso il nulla. L’unica persona che mi viene in mente è mia madre. Penso al suo
coraggio quando , la vidi allontanarsi nel suo lettino , nell’Ospedale di Roma all’età di 82 anni, per operarsi di tumore all’ano. Che coraggio che ebbe, pensai. Ed oggi ,io perché dovrei aver paura ? Mi passano attraverso un passa malati nella zona operatoria. Sento altri infermieri parlare di loro problemi. Nessuno che mi chieda qualcosa. Vedo passare vicino a me, medici, infermieri, tecnici, tutti indaffarati a fare qualcosa. Poi si avvicina un dottore e mi chiede come mi sento. La prima cosa che mi viene in mente è una frase di Groucho Marx, detta non so in quale occasione. “ Mi sento come un tacchino nel giorno del ringraziamento”. Sento tutti ridere. Poi un anestesista mi dice che sta per farmi un’iniezione e che dopo qualche minuto dormirò. Faccio in tempo a dire di non sbagliare l’operazione che ho ancora da fare la rivoluzione.
Salto nel vuoto.
MI HANNO SPACCATO IL TORACE, TIRATO FUORI IL CUORE, CREATO UN BY PASS MECCANICO PER IL PASSAGGIO DEL SANGUE, RAFFREDDATO IL CERVELLO ED INFINE SOSTITUITA L’AORTA. Operazione completamente riuscita.
Mi sveglio dopo una decina di ore nella sala rianimazione . “Sono vivo”, è la prima cosa che penso. Mi guardo attorno e vedo altri operati sparsi in diversi ambienti attigui al mio. Cerco di guardarmi. Sono nudo con tubi che mi escono dalla pancia, dai polsi, dal collo, sembro un cyborg. Ho una sete incredibile. Ma mi dicono che non posso bere acqua. Ogni tanto mi danno una garza imbevuta di acqua, che succhio fino alla fine . Mercoledì finalmente fanno entrare i miei due angeli azzurri, Francesca ed Emiliano, con delle tute azzurre sembrano davvero angeli dello spazio. Mi emoziono a vederli, forse piango, ora posso dire di essere davvero vivo. L’anestesia e altri medicinali mi producono allucinazioni incredibili. Vedo topi che passano sotto il mio letto e mosche sul mio lenzuolo. Poi vedo medici che passano davanti il mio letto e andare dietro di me. Immagino una centralina elettronica computerizzata dietro il mio letto
che mi monitora. Saranno una ventina i medici e gli infermieri dietro di me . Poi chiedo a un’infermiera che mi dice che dietro di me c’è solo un muro con una porta e che loro passano per andare agli altri reparti e mi consiglia di dormire e stare tranquillo. Durante la mia prima notte in rianimazione , per tutta la notte sento Francesca parlare con un medico. E’ proprio la sua voce, e un po’ m’innervosisco perché non capisco per quale motivo non viene vicino a me restando sempre a parlare con questo medico. Chiaramente Francesca non è stata lì quella notte.
La cosa più bella dopo essere ritornato in vita? L’acqua. Ho apprezzato l’acqua come non mai, e credo che sia davvero la vita.
Giovedì 6 giugno mi riportano nella stanza. Prego gli infermieri di non riportarmi nella stessa stanza di quel pazzo e tutti mi rassicurano di stare tranquillo. E difatti mi portano in una stanza insieme a un anziano operato al cuore. E’ un ambulante di Manfredonia. Si chiama Antonio, ed è una bravissima persona. Facciamo subito amicizia, aiutandoci a vicenda nelle piccole cose quotidiane. In effetti siamo due handicappati che possono muoversi poco , lentamente e con continui dolori dovuti alle operazioni ed ai tubi di drenaggio che ancora escono dai nostri corpi. Le infermiere e gli infermieri sono molto pazienti e gentili, ma non possiamo chiamarli per ogni piccola cosa. Io ho delle allucinazioni e vedo mobiletti Ikea vicino al mio letto, e vi poggio ogni cosa, facendole cadere nel vuoto. Rompo così il mio telefonino un paio di volte, il telecomando della Tv, varie bottiglie , di plastica per fortuna, vengono lanciate nel vuoto durante la notte. Una mattina apro gli occhi e mi vedo sospeso nel vuoto. Davanti a me un grande atollo, pieno di gente che mi saluta. Io sono nell’aria e vedo questa scena incredibile e bellissima. Tutto è in bianco e nero e dura qualche minuto. Poi ritorno nella mia stanza. Richiudo gli occhi li riapro e vedo accanto al mio letto una nuova stanza con poltrone, divani e tappeti per terra. Penso all’arrivo di nuova gente. In realtà c’è solo un muro.
Venerdì 7 giugno, mi tolgono il catetere e finalmente faccio pipì come ogni umano, alzandomi dal letto e andando da solo in bagno. Mi tolgono anche i tubi del drenaggio che avevo nella pancia. Ne resta solo uno.
Sabato 8 giugno, la mia prima cacca seduto sulla tazza. Mangio qualcosa ma poco non riuscendo a deglutire bene. Mi tolgono l’ultimo tubo di drenaggio.
Domenica 9 giugno, notte di dolori al petto e sogni di incendi, fuochi, macchine bruciate. Riprendo sonno solo con antidolorifici .
Lunedì 10 giugno. Ultime analisi, sono in uscita. Tutto è andato bene. Telefono ad Alessandro che viene a prendermi. Francesca è già tornata a Diamante per farmi trovare la casa pulita.
Martedì 11 giugno esco con i miei piedi dalla Casa di Cura santa Maria di Bari.
Il pomeriggio alle 16 sono a casa sul mio letto, fra i miei libri, i miei disegni, i miei quadri e soprattutto Francesca ed Emiliano vicino. Ora devo iniziare una lunga riabilitazione nell’Ospedale di Cetraro, l’unico nella zona con un reparto cardiologico. Inizio il 17 giugno per 4 giorni la settimana, per 4 settimane.
L’odissea è finita. Ricomincia la vita .