La Scuola del Vento
Dallo sgombero del campo ROM all’accoglienza di FieraInMensa
Dallo sgombero del campo ROM all’accoglienza di FieraInMensa: i due volti della Città di Cosenza.
di Alessandro Grandinetti
Consigliere 3 Circoscrizione - Comune di Cosenza
Si svolgerà anche quest’anno uno degli appuntamenti ormai più attesi dell’anno nella città dell’accoglienza, si dico bene nella nostra amata Cosenza. Stiamo parlando dell’iniziativa “FieraInMensa” che da anni è il fiore all’occhiello di tutte le Associazioni di Volontariato. L'idea di FieraInMensa nasce nel 2001, quando alcune realtà associative della città (l’Azione Cattolica, la Comunità di S. Egidio, la Kasbah), riflettendo nei loro percorsi di attività ordinarie, sul fatto che si rendeva sempre più evidente un bisogno concreto in città, maturano una idea per superarlo. Dalla fine degli anni '90, la Fiera di S. Giuseppe era cresciuta smisuratamente per la presenza di ambulanti migranti e di diverse culture: queste persone non erano accolte in modo adeguato ed “umano” dalla città di Cosenza. Molti migranti dormivano per strada, sopra o sotto un cartone, senza i minimi servizi che danno dignità al vivere (mangiare, dormire al caldo, servizi igienici, etc…). FieraInMensa dunque si pone come momento di incontro, amicizia tra popoli, convivialità delle differenze. Riassumendo si può definire una festa delle culture, che passa attraverso gesti di solidarietà concreta, attraverso la disponibilità ad annullare i propri pregiudizi, a mettere in discussione le proprie chiusure e paure. Nel 2002 allora l’idea che separatamente queste associazioni avevano maturato diventa progetto comune: si decide di concretizzare l'iniziativa strutturandola in cinque giorni di accoglienza, durante i quali gli ambulanti migranti potevano trovare pasti caldi la sera, e assistenza sanitaria. Alle tre associazioni proponenti si aggregano tante altre realtà dal diverso background: FieraInMensa nasce quindi innanzitutto come esperienza di dialogo con realtà diverse, una esperienza di rete finalizzata innanzitutto a gesti concreti di solidarietà, ma soprattutto poi a vivere e a far vivere una esperienza di incontro, dialogo, interculturale, accoglienza di persone che oggi sono considerate “altre” da noi, perché straniere. Negli anni FieraInMensa si ingrandisce sempre più, coinvolge realtà e luoghi insperati: all’Università della Calabria gli studenti si danno da fare per raccogliere il pane rimasto inutilizzato alle mense e per sollecitare gli studenti alla solidarietà con la rinuncia ad un alimento (“Un punto per FieraInMensa” va avanti da anni!), ad esempio brioscine, succhi di frutta, etc. Anche i servizi di FieraInMensa si sono ingranditi: nel tempo si è dato spazio all’assistenza legale, al servizio internet, alle docce e all’accoglienza notturna. Ormai quello di FieraInMensa è un villaggio della solidarietà che coinvolge per circa 7 giorni 1000 volontari della città di Cosenza e dell’hinterland: giovani che fanno servizio alla mensa, al bus navetta, alla zona dormitorio, all’accoglienza e intrattenimento, al punto internet; famiglie che cucinano a casa; medici che prestano la propria opera volontaria; volontari delle associazioni del comitato che organizzano la logistica e i momenti culturali. Tutta gente che ha pensato negli anni: “Creiamo posto dove il mio fratello migrante possa mangiare, dormire e dove io possa entrare in contatto con la sua cultura”.
Purtroppo, dall’altra parte della città di Cosenza si sta consumando un esempio negativo dell’accoglienza. Stiamo parlando della “questione dei ROM” che tanto preoccupa la società civile. Con Decreto del 1 ottobre 2009, il Prefetto della Provincia di Cosenza, sulla base di una segnalazione della Questura di Cosenza, accertato che numerosi rom presenti da anni nel campo di Cosenza a ridosso della struttura abbandonata del vecchio mercato ortofrutticolo, non erano in grado di indicare la data di effettivo ingresso in Italia; né di dimostrare mezzi leciti di sostentamento; ed inoltre vivevano nel territorio italiano senza alcuna dimora effettiva per cui costituisce “una potenziale minaccia concreta ed effettiva e grave ai diritti fondamentali della persona ovvero all’incolumità pubblica, rendendo incompatibile la civile convivenza, disponevano l’allontanamento dal territorio nazionale, intimando loro di lasciare ilo stesso “territorio nazionale entro il termine di trenta giorni dalla data di notifica del provvedimento. Successivamente il Tribunale di Cosenza con provvedimento dell’11 novembre 2009 annullava il provvedimento del Prefetto per vizio di legge in quanto le circostanze addotte dallo stesso Prefetto (mancata dichiarazione della data di effettivo ingresso in Italia, mancata dimostrazione di mezzi leciti di sostentamento, assenza di una dimora effettiva) si traducevano in “circostanze che, seppure indicative di una precarietà delle condizioni di vita, non configurano una minaccia ai valori primari della convivenza negli esigenti termini delineati dall’art. 20 del decreto legislativo n.30 del 2007 (e dall’art. 27 della direttiva 2004/58/CE)”. L’odissea però continua perché poche settimane dopo l’annullamento del provvedimento di allontanamento forzato adottato dal Prefetto, il Giudice delle indagini preliminari di Cosenza disponeva il sequestro preventivo dell’area nella quale erano insediati i rom rumeni nella zona adiacente all’ex mercato ortofrutticolo di Cosenza sia per ragioni connesse alla situazione di degrado dei luoghi, che per la presunta commissione di reati nella stessa zona, e precisamente l’occupazione abusiva e lo scarico di materiali tossici. Occorre considerare anche il fatto che molti rom del campo di Cosenza sono stabilmente residenti in quella città da molti anni, non hanno mai costituito un pericolo per la sicurezza pubblica, ed anzi sono spesso costretti a lavorare in nero, in quanto i loro datori di lavoro non intendono metterli in regola, e li accettano solo a questa condizione, circostanza questa che impedisce loro di potere documentare mezzi di sostentamento leciti che sono richiesti per fondare il diritto alla residenza stabile. E dunque la questione dello sfruttamento del lavoro, e non certo quella dell’accattonaggio, al quale pure sono costretti alcuni dei rom che vivono nelle condizioni più disagiate, che si intreccia con la negazione ad una soluzione degli alloggi stabile e durevole. I Rom di Cosenza non sono nomadi, come a qualcuno forse piacerebbe definirli ancora, e la soluzione non potrà consistere nel loro ennesimo allontanamento forzato, in una loro ulteriore clandestinizzazione, anche perché sono cittadini comunitari, e dunque qualsiasi problema non si risolverà certo con una espulsione, o con l’internamento in un centro di detenzione amministrativa, come invece si continua a fare con i cittadini extracomunitari privati dei più elementari diritti di difesa e di ricorso davanti ad una autorità giurisdizionale indipendente. A meno che non si voglia usare il processo penale e la prospettiva del carcere come strumenti di soluzione di un problema sociale, come avviene ormai in tutta Italia, magari soltanto come una minaccia di fronte alla quale non rimane altra possibilità che la fuga nella clandestinità.