La Scuola del Vento
Contrari a sgomberi coatti
Chiedono uno o più campi sosta attrezzati da realizzare anche con il loro contributo
«Contrari a sgomberi coatti»
La comunità rom chiede più tempo per lasciare Vaglio Lise
Cosenza
Maria Francesca Fortunato
L’ORDINANZA con cui la Procura di Cosenza ha fissato,
entro il prossimo primo marzo, lo sgombero del campo
di Vaglio Lise introduce nella vicenda rom una novità.
«La magistratura – spiega l’avvocato Adriano
D’Amico – ha messo in mora la politica e non solo i cittadini
rom. E alla politica ha addebitato responsabilità
maggiori che ai rom». Le associazioni, che ieri hanno
chiamato a raccolta al campo i professori Piero Fantozzi
e Fulvio Vassallo Paleologo per un incontro con la
stampa, si augurano che questa sia la volta buona perché,
insieme alle istituzioni competenti, si trovi una soluzione
per garantire ai 300 rom che abitano a Vaglio Lise
condizioni di vita più dignitose. Loro reiterano la
propria proposta: uno o più campi sosta attrezzati, da
realizzare con il contributo delle famiglie rom che pagheranno
per le abitazioni, le tasse, i consumi. E non tanto perché sia la migliore delle soluzioni possibili. Piuttosto è quella che garantisce
un risultato in tempi più rapidi: da qui al termine fissato dall’ordinanza mancano venti giorni. «Invitiamo chi amministra a fare
qualcosa – dice Enza Papa – Siamo soddisfatti al momento
della disponibilità dichiarata dalla Provincia di Cosenza». Le associazioni non si limiteranno agli appelli. «Lo diciamo subito: non consentiremo lo sgombero coatto» aggiunge. Il capo sosta
attrezzato, spiega D’Amico, non sarà una «nuova Gergeri». «Respingiamo le inutili polemiche dell’Opera Nomadi
– dice – Il campo sosta non sarà un ghetto, perché è concepito
come un campo di permanenza momentaneo, dove
le famiglie rom firmano un contratto per il fitto di alloggio
a tempo determinato e questo intervallo servirà per favorire la contaminazione con la città. Avviene così a Roma e Milano, perché
non dovrebbe avvenire a Cosenza?». Il Comune, insiste
D’Amico, a Vaglio Lise non s’è visto. «Ci sono assessori
che qui non sono mai venuti, così come il sindaco – dice –
Oggi qualche spiraglio in più da Palazzo dei Bruzi lo
vediamo. Un dubbio, però, resta. Se l’ordinanza non fosse stata pubblicata sui giornali, il primo marzo lo sgombero sarebbe arrivato
inaspettato e nell’indifferenza generale?». Dalla parte delle associazioni c’è il professor Vassallo Paleologo, dell’Università
di Palermo, che ha collaborato con l’avvocato D’Amico e le associazioni nella preparazione dei ricorsi vincenti
contro i decreti d’allontanamento dei rom emessi dalla
prefettura di Cosenza. «Insieme all’associazione di
studi giuridici sull’immigrazione segnaleremo alla
Corte europea tutte le violazioni che dovessero verificarsi
durante lo sgombero. Non si tratterà solo di una questione cosentina e calabrese – spiega – Qui non siamo a Rosarno, ma ci sono
evidenti analogie, a partire dai ritardi e dalle inadempienze
delle istituzioni. La Procura lo sa, tant’è che il
termine del primo marzo è legato all’impegno assegnato
al Comune perché individui una soluzione alloggiativa
alternativa». Il professor Vassallo Paleologo non
ama la soluzione del campo, ma la preferisce senza dubbio
alla «deportazione». «Credo che il prefetto debba
attivare al più presto un tavolo, alla presenza delle istituzioni
competenti, e che il sindaco debba chiedere una
proroga alla Procura –continua –Potrebbero essere individuati
anche due o tre campi, per evitare una concentrazione
massiccia, coinvolgendo oltre a Cosenza anche
altri Comuni della provincia o delle province limitrofe.
Oppure si può pensare a progetti di autocostruzione degli
alloggi, individuando un’area ampia. Alla magistratura
rivolgo un appello perché proceda all’individuazione di responsabilità
individuali e non collettive, rispetto a fatti concreti. La
povertà non costituisce pericolo sociale». L’Unical è disposta
a fare la propria parte. Pietro Fantozzi garantisce
l’impegno del dipartimento di Sociologia nellaprogettazione di buone pratiche d’integrazione. «La Calabria non può permettersi
un’altra vergogna sociale dopo Rosarno – dice – C’è un
piano di responsabilità che attiene alle istituzioni che
non sono state in grado di fornire le condizioni per l’integrazione. Dovremo sperimentare un meccanismo di cooperazione o una commissione istituzionale aperta alle associazioni, facendo anche
di questo campo un luogo di continuo dibattito».